venerdì 6 giugno 2008

Il Numero 3

So che al piu della gente annoierà questo post, ma siccome questo blog è nato con l'intento di scrivere e annotare tutto ciò che mi passa per la mente voglio riportare qui un piccolo spunto del libro di Baricco, "I Barbari"

" ...Ai tempi ero dell'idea che la vita fosse un compito da assolvere, non una festa da inventare, e quindi mi attenni per anni a quell'indicazione di massima, crescendo con la testa di un difensore e scalando le categirie calcistiche con sulla schiena il numero tre.
Era, allora, un numero completamente privo di poesia, ma alludeva ad una disciplina rocciosa e imperturbabile. Corrispondeva piu o meno all'idea, imperfetta, che mi ero fatto di me.
In quel calcio il difensore difendeva. Era un tipo di gioco in cui se avevi sulla schiena il numero 3 potevi giocare decine di partite senza mai passare la linea di centrocampo. Non era richiesto. Se la palla era di la, tu eri di qua, e rifiatavi. La cosa ti dava una strana percezione della partita. Io, per anni, ho visto le mie squadre fare goal lontani e vagamente misteriosi: erano cose che accadevano laggiu , in una parte del campo che non conoscevo e che, ai miei occhi di terzino, replicava l'aura leggiadra di una località balneare, oltre le montagne: donne e gamberoni. Quando si faceva goal , laggiu tutti si abbracciavano, questo me lo ricordo bene. Per anni li ho visti abbracciarsi, da lontano. Ogni tanto mi è anche successo di farmi tutto il campo per raggiungerli , e abbracciarmi anch'io, ma non funzionava tanto: arrivavi sempre un po' dopo, quando la parte proprio svergognata era già finita: ed era come ubriacarsi quando gli altri stanno già tornando a casa. Così la maggior parte delle volte, rimanevo al mio posto: ci si dava un'occhiata sobria, tra difensori. Il portiere , quello era sempre un po' matto: se la cavava da solo.
Ai tempi si marcava a uomo. Questo significa che per tutta la partita giocavi appiccicato a un giocatore avversario. L'unica cosa che ti era richiesta era: annullarlo. Questo imperativo portava a intimità quasi imbarazzanti. Era un calcio semplice, per cui io, che avevo il numero 3, marcavo il loro numero 7: e i numeri 7 erano, in fondo, tutti uguali. Magretti, gambe storte, veloci, un po' anarchici, casinisti pazzeschi. Parlavano molto, litigavano con tutti, si assentavano per decine di minuti, come presi da improvvise depressioni, e poi ti fregavano come serpenti, guizzando con vitalità improvvisa che aveva l'aria del sussulto del morente. Dopo un quarto d'ora sapevi già tutto di loro: come fintavano, quanto odiavano il centravanti, se avevano problemi al ginocchio, che mestiere facevano e che deodorante usavano. Il resto era una partita a scacchi in cui lui teneva i bianchi. Lui inventava, tu distruggevi...."

3 commenti:

Anonimo ha detto...

bah...nn mi sembra trascendentale sto pezzo...

Il Barone Rosso ha detto...

Bhe dipende sempre da come uno lo interpreta...poi a me pare divertente oltre a tutto il resto!

dagohack ha detto...

c'è da scassarsi ... :|